«Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto». E quell’invito: «Egli vi precede in Galilea, là lo vedrete». Accogliamo anche noi questo invito, l’invito di Pasqua: andiamo in Galilea dove il Signore Risorto ci precede. Andare in Galilea significa, anzitutto, ricominciare: è possibile ricominciare sempre, perché sempre c’è una vita nuova che Dio è capace di far ripartire in noi, al di là di tutti i nostri fallimenti. Andare in Galilea, in secondo luogo, significa percorrere vie nuove. Tanti – anche noi – vivono la “fede dei ricordi”, come se Gesù fosse un personaggio del passato, un amico di gioventù ormai lontano, un fatto accaduto tanto tempo fa, quando da bambino frequentavo il catechismo. Andare in Galilea, invece, significa imparare che la fede, per essere viva, deve rimettersi in strada. Deve ravvivare ogni giorno l’inizio del cammino, lo stupore del primo incontro. La fede non è un repertorio del passato, Gesù non è un personaggio superato. Egli è vivo, qui e ora. Cammina con te ogni giorno, nella situazione che stai vivendo, nella prova che stai attraversando, nei sogni che ti porti dentro. Andare in Galilea significa, inoltre, andare ai confini. È il luogo della vita quotidiana, sono le strade che percorriamo ogni giorno, sono gli angoli delle nostre città in cui il Signore ci precede e si rende presente, proprio nella vita di chi ci passa accanto e condivide con noi il tempo, la casa, il lavoro, le fatiche e le speranze. Gesù, il Risorto, ci ama senza confini e visita ogni nostra situazione di vita. Riconosciamolo presente nelle nostre Galilee, nella vita di tutti i giorni. Con Lui, la vita cambierà. Perché oltre tutte le sconfitte, il male e la violenza, oltre ogni sofferenza e oltre la morte, il Risorto vive e il Risorto conduce la storia. Perché, sai, il Signore ti precede sempre, cammina sempre davanti a te. E, con Lui, sempre la vita ricomincia.
Dall’omelia di Papa Francesco nella notte di Pasqua 2021