LA FEDE DI S. FRANCESCO
NUOVA E AUDACE VIA PER LA CHIESA DI IERI E DI OGGI
Provocato dall’Editoriale scorso a continuare la riflessione a proposito di una Chiesa piccola, laica e mistica, che ha il coraggio di rinnovarsi costantemente confidando nella fedeltà di Dio e che si mette in cammino verso il nuovo, non voglio sfugga la memoria di una figura della cristianità particolarmente emblematica da questo punto di vista.
All’inizio di ottobre, la Chiesa ha fatto memoria di san Francesco d’Assisi. Tra l’altro, quest’anno ricorrono gli 800 anni (Giubileo delle Stimmate) da quella sua straordinaria esperienza di fede e mistica (appunto) che furono le stimmate ricevute a La Verna il 17 settembre1224.
La novità del miracolo – perché di novità si tratta nella storia dei santi – favorì certamente diverse reazioni anche contrarie, ma la novità dell’evento stava ad indicare l’insospettabile, inatteso, e sconvolgente agire di Dio in chi si apre all’azione sempre nuova dello Spirito di Gesù e del Vangelo. Di fatto, Francesco lo ha sempre affermato con forza e umiltà: la vita e la regola è una sola ed è questa: osservare il Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo (FF 75). Paradossalmente, la novità nella vita della Chiesa è sempre la medesima, ma che si traduce in forme diverse nella storia e nel tempo. Questa, la straordinaria sintesi della sua biografia del santo: “Francesco, povero e umile, vero ritratto di Gesù Cristo, ha dato agli uomini disorientati e sconvolti del suo tempo esempi inesauribili di vita
evangelica e ha mostrato nuove vie e audaci possibilità per riformare la vita pubblica e privata della società e della Chiesa”.
Quel cristocentrismo, di cui parlavo nell’Editoriale precedente come elemento distintivo e fondamentale per ogni rinnovamento sia per il cristiano che per la Chiesa, appare decisamente e come modello da seguire nella figura di Francesco. Al centro dell’esperienza di san Francesco sta l’incontro con Gesù, che è il nocciolo della fede di ognuno di noi, ma che ha segnato e abitato la vita del Poverello in maniera totale. Ed è proprio questa la prima cosa che mi ha colpito nel santo di Assisi: la fede in Gesù come punto di sintesi di tutta la sua vita. Una fede integrale che tutto coinvolge: il cuore, gli affetti, i sentimenti, il pensiero, la propria umanità. La fede di Francesco è integrale perché coinvolge tutta l’esistenza, anche le emozioni, non è meramente un’azione intellettuale, perché la conoscenza passa sempre dall’esperienza: la mente e il cuore, il cuore e la mente. Ad esempio quando piangeva, a chi gli chiedeva perché stesse piangendo, rispondeva: «perché l’Amore non è amato». Espressione forse un po’ romantica ma che ci fa comprendere quanto siano spesso astratte le nostre formali e asettiche manifestazioni religiose.
La fede di Francesco è trinitaria. Per lui è evidente che la fede in Dio Padre passa attraverso la fede in Gesù Cristo e che solo lo Spirito può dare questa capacità di aprire gli occhi all’incontro con il Salvatore. Per lui questa esperienza è un “vedere, toccare e credere” Gesù vero uomo, Gesù vero Dio. Caratteristico della fede e della vita di san Francesco, infatti, è l’amore per l’umanità di Cristo. Pensiamo a Greccio – altra novità nella storia della cristianità -, dove egli ha voluto rivivere la natività del Signore, oppure ancora, al culmine della sua esperienza di fede, pensiamo alla Verna, dove ha voluto rivivere anche nella sua carne, fisicamente, l’esperienza della crocifissione e della morte di Gesù. Non c’è incarnazione senza luogo, non c’è umanità senza luogo, non c’è Greccio senza Betlemme e non c’è La Verna senza il Calvario.
La fede di Francesco per la Chiesa di ieri e di oggi è una fede profetica, cioè capace di visione, di orientare -in ascolto dello Spirito- uno sguardo il più possibile libero sulla vita e sulla Chiesa stessa, sempre però ancorati alla Parola di Dio dalla quale attingere forza e ispirazione. Se la Chiesa perde tale dimensione, parla semplicemente di ciò che la gente vuol sentire, che è un rischio ricorrente: il rischio di seguire la corrente o “perché si è sempre fatto così”, anziché orientarla, incamminarla sugli orizzonti di
Dio. Al contrario, ciò che è peculiare dei profeti biblici e dei profeti attuali nella storia della Chiesa è che spiazzano sempre le attese del popolo, scardinano gli schemi e chiamano a conversione. È talmente imprevedibile l’azione dello Spirito che questi profeti -anche quando paradossalmente c’è incertezza del futuro, desolazione e rovina- annunciano consolazione, incoraggiamento e speranza. Verrebbe da dire: quanti di questi profeti ha bisogno oggi il cristianesimo? Ma, con il dovuto senso del realismo, “real-utopia”, sogni e visioni non devono mai mancare nella Chiesa!
In questo senso, a questo punto, mi sembra che ci aspetti una grande missione: insegnare e imparare come ricostruire il mondo che vacilla, come curare l’umanità ferita, come riedificare nella bellezza, nell’armonia e nella cultura, come essere costruttori di pace, come amare e servire la Chiesa garantendole un futuro, pur se chiamata ad essere piccola, essenziale, sinodale e mistica. don Maurizio.