ANDAR PER CIMITERI… IL CIMITERO CHE FA PARTE DELLA CITTÀ
In questi giorni dei “santi e dei morti” le persone visitano i cimiteri; credenti e non credenti, almeno per un gesto di memoria e di pietà popolare, si recano in questi luoghi molto particolari per un saluto o per depositare un fiore ai propri cari.
Ma questi luoghi oltre al loro importante significato religioso sono così particolari che a pensarci bene ci costringono a riflettere e diventano una provocazione culturale per il nostro tempo.
C’è un luogo nella città – i nostri cimiteri, città nella città – dove ci si muove solo a piedi. Perciò si cammina adagio, si ha tempo per guardarsi intorno, leggere qualche scritta, notare qualche fiore, commentare la bellezza o la stranezza di un monumento. Lo sguardo si ferma anche sulle tombe dimenticate e ci si interroga sulle vicende umane, la loro precarietà e gli interrogativi sul senso della vita e della gloria terrena.
C’è un luogo della città dove il dialogo si può fare anche senza parlare. Il ricordo permette di ripercorrere vicende, rapporti, speranza condivise, dispiaceri, ferite. Il bene fatto, il bene ricevuto, il male fatto, il male subìto entrano nel dialogo senza parole, nella memoria di un vissuto che sembra solitaria con se stessi e invece è abitata e corale.
C’è un luogo nella città dove tutti stanno insieme, buoni e cattivi, gente che ha fatto del bene e gente che ha rovinato la vita di molti, persone illustri e persone sconosciute, gente che è venuta da chi sa dove e gente che è nata, cresciuta, vissuta e morta in città. La presenza dei cimiteri forse invita la città a riconoscere una vocazione alla comunità e alle relazioni: non siamo fatti per la solitudine ma nasciamo in una comunità e andiamo a finire in uno spazio comunitario. Siamo fatti per stare insieme, da morti, e perciò anche da vivi. Questo suggerisce di contrastare la tendenza alla gestione privatistica della morte, alle ceneri dispersi chi sa dove, alle ceneri conservate negli spazi del privato e perciò sottratti alla preghiera, al ricordo comunitario.
C’è un luogo della città dove non si può evitare il pensiero della morte, dell’inevitabile passaggio, del finire di quello che è cominciato. Nessuno è così speciale che non debba anche lui piegarsi all’esito iscritto nella precarietà e nel termine dell’esistenza: il glorioso e l’insignificante, lo scandaloso e l’edificante, il ricco e il povero. Tutti sono attesi dalla nera signora. In questo luogo dove non si può evitare il pensiero della morte, alcuni si rassegnano, altri esorcizzano il pensiero allontanandolo, altri invece accendono un lume e dicono una preghiera, professano una speranza, avvertono una
presenza amica che abita una dimensione inaccessibile ai sensi, ma non all’anima e alla fede.
Ma allora i cimiteri sono utili o inutili? e com’è una città in cui ci sono i cimiteri?
I cimiteri nella città forse talora sono una presenza ingombrante, forse talora si pensa che sarebbe meglio che non ci fossero. Ma le città dove i morti sono custoditi in un luogo in cui ci si muove solo camminando, in un luogo in cui si vivono dialoghi anche senza parola, in cui ritorna il pensiero della morte, in cui tutti stanno insieme accumunati dell’unico destino, forse può lasciarsi istruire proprio dalla presenza dei cimiteri.
La presenza dei cimiteri e del loro messaggio nella città può aiutare la città a coltivare la saggezza: molte cose che sembrano importanti passano presto e non lasciano nulla; molte ambizioni, aspirazioni, presunzioni sono irrise dalla morte, che sorprende, interrompe, stravolge, relativizza.
La presenza dei cimiteri tiene viva la domanda sul senso del tutto e invoca la risposta. Il Vangelo risponde con l’annuncio della speranza, con la promessa di un approdo che sconfigge la morte e fa risplendere la beatitudine, con la certezza di Cristo risorto primogenito di molti altri fratelli.
Per questo la città laboriosa fino alla frenesia, creativa, intraprendente proiettata verso il futuro può riconoscere nei cimiteri, nella visita ai cimiteri, nella celebrazione della Messa nei cimiteri un invito a essere città saggia, paziente, capace di coltivare pensieri di modestia e di speranza e di resistere alla troppo facile tentazione dell’esasperata ricerca del successo precario, della ricchezza che il tempo consuma, della presunzione con i piedi di argilla.
I cimiteri sono luoghi di vita perché luoghi di saggezza. – Don Maurizio.