«INNALZATO DA TERRA, ATTIRERÒ TUTTI A ME» – (GV12,32)
NEL 60° DALLA POSA DELLA CROCE SULLA CIMA DUFOUR DA PARTE DEL GEAM CANTÙ, GUARDANDO AL GIUBILEO DEL 2025
Durante questa estate, ci sono stati diversi momenti nei quali abbiamo ricordato e commemorato questo evento particolarmente significativo nella storia recente dell’oratorio di San Paolo e in particolare del GEAM (Gruppo Edelweiss Amici della Montagna). Io stesso ho voluto fare memoria di tale ricorrenza e partecipare ad alcuni momenti toccanti come, tra gli altri, la celebrazione dell’Eucaristia lo scorso 27 luglio a Gornengrat (Zermatt-Svizzera), punto di partenza del gruppo di giovani che sessant’anni fa portava la prima croce sulla cima più alta del monte Rosa: la Dufour. La storia di quell’avventura e delle successive operazioni, fino alla sistemazione dell’ultima croce nello scorso 2022, è stata mirabilmente raccontata dal libro di Renzo Montorfano “Philia” che vi invito a leggere.
A tal proposito devo dire che qualche mese fa mi ha colpito – e forse molti altri con me – la proposta, alquanto imbarazzante, avanzata da un’istituzione storica di togliere tutte le croci dalle cime delle montagne. Per fortuna la notizia e la conseguente polemica si sono smorzate dopo le doverose precisazioni e smentite. Infatti, la proposta di qualcuno era di non erigere più nuove croci in cima alle vette ma di non rimuovere quelle esistenti. Il CAI nazionale si è poi dissociato da queste opinioni. Si è trovato anzi un punto di convergenza culturale, giuridico, storico e perfino religioso, una larga concordanza sulla necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l’istallazione di nuovi simboli sulle cime per non sovraccaricare la natura di manufatti umani. Tesi, questa, condivisa pienamente dal Club Alpino Italiano. Il CAI guarda infatti con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato ed eventualmente, in caso di necessità, si occupa della loro manutenzione.
A parte queste discussioni io, invece, sono stato molto più colpito, entusiasmato persino profondamente commosso e interrogato dalle impressionanti immagini di repertorio che ho visto di un gruppo di giovani di Cantù che nel 1964 trascinavano pesanti pezzi di una croce sui ghiacciai e sulle rocce per collocarla sulla cima Dufour a 4635 metri: è la croce collocata più in alto di tutta Europa! Più ancora sono stato colpito dalla appassionata volontà di ricollocarla nel 2022, dopo la sua caduta, nuova e con una tecnologia moderna e adatta.
Mi verrebbero da fare molte considerazioni anche a partire dalla mia passione per la montagna che è, più che altro, una “spiritualità della montagna”. Tuttavia, voglio solo riportare alcune considerazioni del prete di quei ragazzi del GEAM che rivolgendosi a loro spiegava molto bene il senso di quello che stavano vivendo e compiendo, insegnando loro, attraverso l’esperienza dell’andare in montagna, come si impara a vivere cristianamente e a diventare uomini e donne in gamba. Un messaggio di grande attualità!
Dagli insegnamenti di don Nicola Daverio all’inizio del GEAM
«Quando andate in montagna a scalare, per salire in sicurezza la verticalità della parete, fate uso dei chiodi. Quando andate sui ghiacciai è necessaria la picozza: entrambi, chiodi e picozza, per essere un valido aiuto, devono essere piantati bene e in profondità. Ma ciò che vi tiene vincolati col vostro compagno è la corda! Senza di essa non c’è alcuna sicurezza! Così siete voi: la vostra corda è l’amicizia che vi tiene uniti nel Signore. È questo vostro volervi bene che vi conferisce la marcia in più. È questa vera fede che vi qualifica. Ricordatevi: non ci si può salvare da soli, né in montagna né nella meta finale della vostra vita.
La grande avventura: la Croce
Nel rispetto delle varie opinioni, alle diverse correnti che contestano la presenza della Croce di vetta noi diciamo: quante organizzazioni umanitarie portano il segno della Croce. Nessuno contesterebbe il significato che indica la bandiera della Croce Rossa, perché è molto chiaro ciò che vuole rappresentare. Se si arriva a pensare che una Croce in vetta deturpi la natura oppure sia solo un segno che infastidisce la laicità, è perché noi cristiani non siamo stati capaci di far capire che l’amore più grande è espresso proprio dalla Croce. Se cerco di conoscere il vero significato di ciò che la Croce di vetta rappresenta, è possibile capire il senso vero della Croce, dato dalle parole di Gesù Cristo: “non c’è amore più grande di colui che dà la vita per i propri amici”. La Croce è conferma dell’amore e la legge dell’amore è l’unica legge di libertà. Uno dei diversi significati che assume la Croce di vetta è proprio quello di indicare all’alpinista che è arrivato in cima, che ha superato le difficoltà, che lì, attaccato alla Croce, è al sicuro e può riposare tranquillamente, perché dove c’è la Croce c’è come una luce che illumina e rassicura» (R. M.).
Nel prossimo anno del giubileo 2025 non potremo non cercare di salire in alto perché non possiamo accontentarci dell’orizzonte, ma vogliamo incontrare l’Infinito e riconoscere che solo Lui ci è Necessario. Desideriamo scalare le montagne e salire in alto per scendere nel più profondo del nostro essere e arrivare con lo sguardo in fondo all’anima. don Maurizio.