VENNE TRA I SUOI… IL PRINCIPE DELLA PACE
Il tempo liturgico dell’Avvento che stiamo iniziando è un tempo prezioso per il nostro cammino di fede personale e comunitario. Non è soltanto tempo di attesa o di preparazione del Natale del Signore, ma soprattutto l’opportunità per coltivare il desiderio di poter accogliere e quindi incontrare il Signore che viene tra noi.
Possibilità di accogliere e incontrare il Figlio di Dio non solo idealmente, liturgicamente attraverso i riti sacri o laici della tradizione, ma reale e concreta come esperienza spirituale intensa. Questa possibilità non è solo ipotetica ma è garantita dal fatto che c’è uno strettissimo e reale legame tra il mistero della venuta e del Natale del Signore con l’esperienza della nostra umanità in tutte le sue manifestazioni, dal nascere in una famiglia, fino ad un vissuto quotidiano e concreto illuminato, di conseguenza, dalla presenza stessa del Figlio di Dio.
L’espressione “venne tra i suoi” dice questa relazione e condivisione che ci lascia subito sorpresi e grati nei confronti di un Dio che si interessa di noi e si coinvolge dentro la “pasta” della nostra umanità.
L’avvento ci introduce nel mistero di questa venuta e della presenza di Dio a Betlemme e a Nazareth e quindi nella nostra storia e vita quotidiana. Ecco uno degli aspetti del mistero profondo dell’Avvento: Gesù, la Parola di Dio in persona, si è immerso nella nostra umanità.
Le parole degli uomini e i loro affetti, le relazioni familiari, l’esperienza dell’amicizia e delle conflittualità, della salute e della malattia, della gioia e del dolore, sono diventati linguaggi che Gesù impara per dire la Parola di Dio. Donde vengono, se non dalla famiglia, dagli ambienti e dai luoghi della Palestina, le parole di Gesù, le sue immagini, la sua capacità di guardare i campi, il contadino che semina, la messe che biondeggia, la donna che impasta la farina, il pastore che ha perso la pecora, il padre con i suoi due figli… Dove ha imparato Gesù la sorprendente capacità di raccontare, immaginare, paragonare, pregare nella e con la vita di tutti noi? Non vengono forse dall’immersione di Gesù nella vita della sua gente? Ha imparato a conoscere persino la conflittualità portandola addirittura sul suo corpo, nel legno della croce, perché ne fossimo liberati. Ecco perché egli è chiamato “Principe della pace”, «colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè, la divisione, per creare in sé stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia» (Ef 2, 14-18) .
Quanto è attuale ai giorni nostri questo messaggio dove tutti invocano la pace, una pace che non può essere realizzata se non parte da quella condivisione e azione del divino. Affinché ci sia reale pace sulla terra, va invocata come dono dall’alto perché da lì viene ed è al tempo stesso impegno perché la morte di un Dio per la pace ci responsabilizza a superare ogni asprezza, sdegno, ira, divisone, violenza, conflitto: il nostro Dio è il principe della pace, radice della pace umana.
Con la sua venuta e la sua vita in mezzo a noi, Gesù domanda che la famiglia umana sia luogo che accoglie, genera ed educa alla vita nella sua bellezza e pienezza: ecco lo stile che Gesù ci chiede con il suo venire tra i suoi che poi siamo noi. – don Maurizio.