PRIMA TAPPA DI UN CAMMINO LUNGIMIRANTE
Il contesto
La festa dell’oratorio appena celebrata lo scorso 1° ottobre con la tradizionale fiaccolata e il conseguente “tragitto” per giungere in oratorio hanno richiamato fortemente il tema del pellegrinaggio come metafora di una vita da vivere in pienezza. A tal proposito nel Febbraio dello scorso anno, è stato indetto il primo Giubileo ordinario del terzo millennio della Chiesa che si celebrerà il prossimo 2025. In occasione di quest’annuncio, papa Francesco ha indicato anche il tema del Giubileo: “Pellegrini di Speranza“. Si tratta di un tema decisamente attuale, che guarda con fiducia il futuro e chiede di consideraci sempre in cammino progressivo «affinché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13) .
Ribadendo questa prospettiva, così papa Francesco ha sottolineato nuovamente: «Dobbiamo tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata, e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante».
Il cristianesimo ha segnato profondamente nel corso di due millenni le nostre terre e quelle europee: anzi, l’idea stessa di Europa nasce dalla fusione fra latini, germani e slavi ideata dalla Chiesa. Tutto questo si è espresso certo in comunità di persone, testi, istituzioni, cultura.
Ora in questo inizio di terzo millennio, in questo “cambiamento d’epoca”, – il Giubileo del 2025 ne è una prima tappa significativa – abbiamo bisogno – profeticamente – di riscoprire le radici della nostra fede e rinsaldare la nostra identità cristiana, in dialogo con altre culture e con altre fedi.
Le vicende di questi anni e di questi mesi recenti sembrano obbligare la Chiesa a tenere fisso lo sguardo sulla virtù della speranza, fondamento della vita cristiana, insieme alle altre due virtù teologali – la fede e la carità -, che richiama tutti a essere responsabili costruttori di un mondo migliore. Per fare questo è importante recuperare le nostre radici e identità cristiana perché la fede sia adulta, più matura, consapevole e incisiva.
Il Significato del Logo
Ad illustrare sinteticamente e simbolicamente questa prospettiva ci viene in aiuto il logo scelto per celebrare, orientare e concretizzare nelle sue molteplici espressioni il Giubileo del 2025.
Si tratta di un’immagine con quattro figure stilizzate che indicano l’umanità proveniente dai quattro angoli della terra, l’una abbracciata all’altra, per indicare la solidarietà e la fratellanza che devono accomunare i popoli, con l’aprifila aggrappato alla croce, segno della fede e culmine della rivelazione evangelica, che abbraccia anch’essa a sua volta tutti gli altri, e della speranza, che non può mai essere abbandonata.
Le onde sottostanti sono mosse per indicare che il pellegrinaggio della vita non sempre si muove in acque tranquille. E per invitare alla speranza nelle vicende personali e quando gli eventi del mondo lo impongono con maggiore intensità, la parte inferiore della Croce si prolunga trasformandosi in un’ancora – metafora della speranza -, che si impone sul moto ondoso.
Non è casuale la scelta cromatica per i personaggi: il rosso è l’amore, l’azione e la condivisione; il giallo/arancio è il colore del calore umano; il verde evoca la pace e l’equilibrio; l’azzurro/blu richiama la sicurezza e la protezione. Il nero/grigio della Croce/Ancora, rappresenta invece l’autorevolezza e l’aspetto interiore. L’intera raffigurazione mostra anche quanto il cammino del pellegrino non sia un fatto individuale, ma comunitario e dinamico che tende verso la Croce, anch’essa dinamica, nel suo curvarsi verso l’umanità come per andarle incontro e non lasciarla sola, ma offrendo la certezza della presenza e la sicurezza della speranza di Cristo Risorto. Completa la raffigurazione, in verde, il motto del Giubileo 2025, “Peregrinantes in Spem”, un pellegrinaggio che richiama il cammino/sequela dei discepoli (di allora e di ogni tempo) dietro il Vangelo di Gesù. (continua…)
INGRESSO DEL NUOVO PARROCO
Riprendo l’Editoriale di domenica 22 ottobre in merito al prossimo Giubileo del 2025.
Papa Francesco ha chiesto che i due anni precedenti il Giubileo siano focalizzati su due tematiche particolari. E così il 2023/2024 sarà dedicato alla rivisitazione dei temi fondamentali delle quattro Costituzioni del Concilio Vaticano II, “perché la Chiesa possa respirare di nuovo” quel “profondo e attuale insegnamento” che ha prodotto. Abbiamo bisogno di recuperare “l’anelito innovatore, capace di discernere i segni dei tempi, che ha permesso alla Chiesa di entrare con consapevolezza nel terzo millennio della sua storia”. Il 2024/2025, invece, sarà un anno dedicato alla preghiera. L’idea è quella di creare un contesto favorevole al Giubileo e di permettere ai pellegrini di prepararsi.
Anche noi vogliamo già fin da ora inserirci in questo cammino e lo facciamo proponendo una prima tappa di un più lungo pellegrinaggio… Come già ho avuto modo di parlarne con il Consiglio Pastorale della Comunità, il desiderio è quello di fare un cammino insieme che a partire dal Giubileo del 2025 ci porti dopo otto anni al Giubileo della Redenzione del 2033. In modo più dettagliato, più avanti, presenterò questo itinerario – dal possibile titolo intrigante: “Progetto Nicodemo”.
Intanto oggi, domenica 29 ottobre, mi appresto a fare con voi il mio “secondo” pellegrinaggio dopo quello della “Peregrinatio Mariae” (da Galliano al Santuario dei Miracoli della “Madonna Bella”) dello scorso 7 settembre; “secondo pellegrinaggio” ma ben più importante perché è quello dell’ingresso ufficiale e dell’insediamento come Prevosto della Città.
Carissimi, l’ingresso di un parroco in una comunità cristiana è certamente -e così deve essere vissuto- un autentico evento di Chiesa ed anche civile. Infatti, questa esperienza richiama a tutti che siamo il “santo popolo di Dio” in cammino nella storia sotto la guida dell’unico grande pastore, Gesù Signore e Maestro e del suo Vangelo. E questo vale anche per una Chiesa che vive in un determinato territorio e nel contesto socioculturale suo proprio.
Ecco perché il mio ingresso come parroco-prevosto della città di Cantù desidero che assuma i caratteri di un’autentica esperienza ecclesiale ed “ecumenica” nei suoi diversi profili.
Attraverso gesti e segni significativi desidero esprimere anzitutto uno stile di comunione e di unitarietà tra i sacerdoti, religiose, consacrati, ministri e laici impegnati e le diverse comunità cristiane che costituiscono la Chiesa della città di Cantù. Una comunione che vuole esprimere l’identità più alta della Chiesa che è quella di essere l’unico corpo del Signore risorto, vivo e quindi presente in mezzo agli uomini. Una comunione che vuole esprimersi in una collaborazione corresponsabile anche con la realtà civile, offrendo il proprio contributo al bene comune, collaborando con le istituzioni e con il patrimonio immenso delle associazioni del territorio. Un territorio, quello Canturino, che ha una forte e radicata tradizione identitaria cristiana, che ha generato nel corso dei secoli, anzi – per le testimonianze storico architettoniche, possiamo dire addirittura nel corso dei millenni- una spiritualità particolarmente ricca e strutturata, percepibile nelle molteplici manifestazioni di fede della comunità cristiana. Tutto questo non esime dal compito di vivere dentro la storia del nostro tempo e di rispondere alle esigenze di una sempre nuova evangelizzazione. Anzi, bisognerà investire nuovo pensiero e nuove energie perché la fede di tradizione sia sempre più consapevole, adulta e matura e possa così rispondere alle sfide della contemporaneità. Ad una fede sempre più consapevole non può che corrispondere una pastorale sempre più capace di discernere i segni dei tempi. A tal riguardo è proprio propizio il Vangelo di questa domenica che ci consegna la figura dello scriba sapiente che, divenuto discepolo del regno di Dio, è come un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (Mt 13,52) .
Ecco perché porterò con me per tutto il tragitto e nei diversi momenti di questa giornata il santo Vangelo di una Bibbia antichissima che ricorda a me e a tutti voi che siamo dentro un cammino di storia, di fede, di Chiesa, dove «lampada per i nostri passi è la Parola di Dio» (Sal 118) .
Nessuna pretesa, nessun folclore, ma solo l’umile desiderio di pormi in cammino verso quella “Città Santa” che per me oggi ha il volto della Chiesa di Cantù: essa era prima di me e sarà dopo di me, con un suo patrimonio di fede inestimabile, ma con essa io sono chiamato a camminare come cristiano e a servirla come pastore. È un compito ed una responsabilità che ha anche un carattere profetico perché la città di Cantù senta solo Vangelo, nient’altro che Vangelo e nell’ascoltarlo trovi le vie per la concordia, il dialogo e la collaborazione tra le diverse realtà, la giustizia sociale, la promozione umana e cristiana delle relazioni, un punto fermo in questo “cambiamento d’epoca”, in un confronto costante tra vita e Parola, tra esistenza di tutti i giorni e orizzonti di senso. Comunità ecclesiale e comunità civile insieme, sono come la “città collocata su un monte” (Mt 5,14) – immagine allusiva e reale anche per Cantù – ben visibile da tutti e per tutti punto di riferimento e non solo di orientamento. – Don Maurizio