Per una comunità unita, libera e gioiosa
Vorrei che a tutti arrivasse il mio saluto più sincero e cordiale. Mi chiamo don Paolo Confalonieri (o don Paolino come ha deciso di chiamarmi don Fidelmo per non confondermi con don Paolo Galli di Intimiano e davvero non fatevi problemi a chiamarmi anche così perché a Seregno dove sono cresciuto per gli amici ero appunto “Paolino”). Sono a Cantù da due settimane e sto imparando pian piano a conoscere una realtà molto più grande rispetto a quella dove ho vissuto i primi anni di ministero. Ma andiamo con ordine. Sarete giustamente curiosi e vorrei raccontarvi qualcosa di me. Sono nato a Mariano nel 1988 ma cresciuto a Seregno dove ho sempre frequentato la parrocchia e l’oratorio di Santa Valeria. Dopo il liceo e un anno contemporaneamente di servizio civile e università ho deciso di entrare in seminario. Era il 2008 e avevo 20 anni. Se ripenso adesso a quella scelta mi rivedo come un giovane ancora un po’ immaturo e ingenuo ma davvero riconosco che è il Signore che chiama a seguirlo e che fa capire la sua volontà passo dopo passo. La mia vocazione è stata comunque molto “ordinaria”, è maturata in oratorio e in parrocchia, avendo tanti esempi di preti contenti. Gli anni del seminario, prima a Seveso e poi a Venegono, sono stati anni di crescita spirituale, umana e culturale durante i quali si è consolidata la decisione di donare la vita al Signore. Durante il penultimo anno di seminario, poco prima di essere ordinato diacono, è mancata la mia mamma Rita dopo una malattia fulminante che l’ha portata via ancora giovane. Ma in questi anni, soprattutto alla prima messa, ho avvertito forte la sua presenza e il suo aiuto dall’alto. Dal 2013 sono stato, un anno come diacono e poi sette anni come prete, nella Parrocchia di Vedano al Lambro, un paese alle porte di Monza, dove ho potuto vivere un’esperienza molto “tradizionale” con una sola parrocchia e un solo oratorio. Sono stati anni davvero belli e intensi. Per citare solo una delle esperienze più belle la visita di Papa Francesco alla diocesi di Milano il 25 marzo 2017. Il grande prato del parco di Monza dove il Papa ha celebrato la messa si trova nella Parrocchia di Vedano e quindi diciamo che abbiamo avuto il Papa “in casa”. Gli anni a Vedano sono stati poi particolarmente significativi perché con il parroco abbiamo scelto di vivere insieme in casa parrocchiale e, pur con i nostri spazi, condividere sempre i pasti in una sorta di vita comune e fraterna. E ora eccomi qui a Cantù, una realtà non così lontana e sconosciuta per un seregnese. Non posso nascondere un po’ di timore perché è una realtà molto grande e articolata e dovrete avere un po’ di pazienza con me in questi primi tempi se non sarò sempre “sul pezzo”. Mi sento un po’ come Renato Pozzetto che dal piccolo paese arriva nella grande città ma ce la metterò tutta! Insieme a me vi chiedo di accogliere anche il mio papà Ambrogio, falegname seregnese in pensione e che quindi a Cantù, città del mobile, si sente già un po’ a casa. Cantù è appunto una cittadina grande e articolata e, proprio per questo, vorrei dare il mio contributo per fare in modo che la comunità cristiana rimanga comunque a misura d’uomo, dove non solo si organizzano iniziative e si fanno funzionare le cose, ma dove si vive davvero l’amicizia, la comunione e la fraternità. Ricordatevi che noi preti siamo anzitutto uomini! Proprio per questo, come è nel mio carattere e come ci hanno insegnato a fare quando si entra in una nuova comunità, vorrei semplicemente conoscere, ascoltare e inserirmi nella vostra storia cercando di prendermi a cuore ragazzi e giovani che, dopo questo tempo difficile di pandemia, hanno davvero bisogno di tornare a vivere in pienezza. Vorrei ringraziare don Fidelmo e gli altri confratelli sacerdoti che mi hanno accolto e ringraziare soprattutto don Eugenio per il servizio svolto in questi 10 anni. Anche se sono a Cantù da poco mi sono reso già conto della bella realtà giovanile che don Eugenio ha saputo coltivare e che spero, con l’aiuto di tutti e in particolare dei responsabili laici, di portare avanti. Cari amici, ci auguriamo vicendevolmente un buon cammino! Prima di scrivere queste righe ho guardato il meteo per domenica ed è prevista pioggia abbondante. Anche domenica scorsa quando ho salutato la comunità di Vedano pioveva. Mi auguro che tutta quest’acqua sia segno di benedizione all’alto! Concludo esprimendo la mia gioia per il fatto dal balcone dall’appartamento dell’oratorio di San Paolo dove abito si vedono bene le montagne, una delle mie passioni insieme alla musica, quelle passioni che aiutano ad alzare lo sguardo verso l’alto. Infine non posso non svelare, nel paese del basket, che non sono un grande sportivo tuttavia cercherò di fare in modo, come ho fatto a Vedano con il gran premio (andavo sempre io a benedire l’autodromo) che le mie preghiere e le mie benedizioni siano abbastanza efficaci per il Cantù! Avremo modo di conoscerci sempre meglio e di camminare insieme nei prossimi anni cercando di vivere insieme il Vangelo. E come si fa a fare tutto questo? Cercando di essere, come ci chiede il nostro vescovo, comunità unita, libera e soprattutto gioiosa! Don Paolo