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Beni Artistici San Paolo

La Basilica di San Paolo, della fine dell’XI secolo, basilica a tre navate con absidi orientate ad est, presenta motivi romanici nella decorazione ad archetti ciechi sulla facciata in pietra di Moltrasio, tuttora visibili sopra il protiro seicentesco. La basilica di San Paolo, edificata nell’ XI secolo, sulla collina dominante il borgo di Cantù, ebbe già alla sua costruzione uno schema a tre navate e absidi orientate ad est. Dell’edificio originario restano, all’ esterno, alcune parti dell’abside centrale con decorazioni ed archetti pensili suddivisi in 5 gruppi mediante lesene.

Degli archetti sono visibili anche sopra il protiro ed una decorazione segue il profilo della cornice del tetto. L’unica parte dell’originale facciata romanica è quella sopra il protiro iniziato nel 1616 in concomitanza con la visita plebana dell’arcivescovo Federico Borromeo, che nel 1582 trasferì la prepositurale della basilica di San Vincenzo a Galliano alla chiesa di San Paolo ritenuta più centrale rispetto al territorio canturino. La copertura della navata centrale nel 1674 venne sostituita con volta a botte eseguita da Battista Missaglia, la costruzione del soffitto causò la perdita di alcune finestre che nascoste dalla volta vennero tamponate; all’abside maggiore vennero aggiunti il sopralzo, due colonne e due pilastri per sostenere il maggior carico. L’architetto Carlo Felice Soave nel 1795 progettò la cappella del S. Crocefisso, contenente un crocefisso ligneo del ‘400, con soffitto a volta ribassato, motivo a cassettoni esagonali e pareti ad arco. Contemporaneamente si eseguirono i lavori per la cappella dedicata alla Madonna di Lourdes conclusa nel 1897-98. Sopra il portale principale vi è una vetrata composta da due piccoli vetri, quattrocenteschi, raffiguranti le teste di S. Pietro e S. Paolo. Tra i dipinti la Caduta di S. Paolo; il martirio di S. Apollonia; i quattordici medaglioni, posti nella navata centrale, sopra le colonne, che raffigurano gli apostoli ed i santi Marco, Luca e Paolo; l’affresco della volta del presbiterio ha come soggetto il Trionfo di S. Paolo ed è del XIX secolo. Pure quattrocentesca è la vetrata nella Cappella della Sacra Spina con Pietro con le chiavi e Paolo con la spada.

Il Battistero, noto a Cantù come “la Madonnina”, ora raramente usato come battistero della Basilica di S. Paolo, era originariamente la chiesa di S. Maria ( XI-XII secolo). Il piccolo edificio ha pianta quadrata con facciata a capanna; l’abside si innesta sulle preesistenti mura medievali urbane. Se l’esterno può apparire disadorno per la sua essenzialità, la decorazione interna è sorprendente per le ridotte dimensioni dell’edificio. L’apparato pittorico attualmente leggibile è frutto, come spesso accade, di una successione temporale di interventi.

Il primo può essere fatto risalire ad un periodo immediatamente successivo all’edificazione della cappella e quindi al XII secolo: di esso restano solo pochi frammenti, che non ci permettono di comprendere appieno il disegno complessivo. Successivi interventi risalgono al XIV secolo e ad esso risale “la Madonna del latte” che in questo particolarissimo dipinto allatta il Bambino Gesù su un elegante trono abbellito da elementi quasi floreali che sorreggono un gentile uccellino. Lo stesso tema si ripete nella raffigurazione del bambino sulla cui mano è posato un multicolore pennuto. Il trono, con il suo imponente volume, tenta di conferire una prima impostazione prospettica allo spazio dipinto. Al 1514 risalgono gli affreschi di Ambrogio da Vigevano e Cristoforo De Mottis con la raffigurazione del borgo di Cantù, la più antica esistente. I volti e i costumi raffigurati negli affreschi sono risolti quasi con spirito documentario, indagati nel particolare e definiti con una propria identità, soprattutto nelle composizioni corali dove gli sguardi e gli atteggiamenti definiscono il significato e l’atmosfera di ogni rappresentazione. Sono sei scene “natalizie”, alcune delle quali sono inserite nelle architetture riprese da stampe di Düren (1511). L’ultimo restauro si concluse nel 2005. Singolare è la presenza nell’abside del Buon Ladrone.

La chiesa di Santa Maria, nell’ antico monastero delle Benedettine, fu consacrata nel 1798 per essere nuovamente restituita al culto nel 1839. Fino al ‘700 la chiesa si affacciava sulla attuale via Manzoni in posizione di predominanza sull’ agglomerato urbano adiacente, poiché libera su tre lati: il monastero era infatti collegato ad essa solo nella sua parte posteriore. Per tradizione storica è attribuita al Pellegrino Tibaldi. Stefano Della Torre ne ricostruisce le reali vicende nel libro “Cantù nobilissima”.

In questo volume viene trascritto il brano dove l’autore cita per esteso il nome dell’architetto chiamato a Cantù: Gerolamo Quadrio. La chiesa si distingue oggi per il visibile intervento di restauro concluso pochi anni or sono. Essa ha pianta circolare, organizzata sulla sovrapposizione di due cilindri: il cilindro inferiore diventa rettilineo in corrispondenza delle cappelle, quello superiore, il tiburio, appoggia all’ interno su otto colonne separate dal perimetro murario. Nella facciata incompiuta spicca il ricco portale, con il classico motivo decorativo della conchiglia. Nonostante la facciata della chiesa manchi del progettato rivestimento esterno in pietra, l’edificio ha evidente valore scenografico nella struttura urbana. L’edificazione del complesso benedettino dedicato alla Beata Vergine Maria risale al 1093, quando l’abate Alberto da Cluny giunse a Cantù e pose come priora del monastero Agnese di Borgogna. Fin dalle origini esisteva dunque, in prossimità del centro dell’insediamento ed in posizione elevata sul colle uno spazio religioso assai articolato, che comprendeva un monastero dotato di due chiostri e una chiesa dedicata a Santa Maria, dall’ architettura dominante ed isolata su tre lati. La presenza di un complesso di tali dimensioni e importanza testimonia ancora oggi quale ruolo caratterizzante avesse acquisito l’ordine dei Benedettini anche a Cantù nel corso dell’XI secolo. Soltanto alla fine del Seicento, per esigenze liturgiche, il monastero viene ampliato con l’aggiunta di un’ulteriore chiesa, che potremmo considerare esterna, che si affacciava verso l’attuale via Manzoni; ancora si nota come l’edificio isolato nel suo vigore plastico manifesti la tipologia dell’impianto a croce latina su pianta centrale, che nonostante la diffusa urbanizzazione, costituisce un volume equilibrato e compatto. L’architetto chiamato dalle monache a redigere il progetto e a seguire i lavori per questo nuovo corpo di fabbrica è Gerolamo Quadrio, già impegnato nel cantiere del Duomo di Milano, personalità centrale del panorama architettonico lombardo che seguiva l’opera di Pellegrino Tibaldi. Il Quadrio non lavorava certamente da solo ma si avvaleva della collaborazione di un gran numero di operai e di scalpellini che mettevano in opera cornici, colonne e capitelli in pietra. Tra il 1665, data d’inizio lavori e il 1679 quando al Quadrio successe il figlio Giovan Battista, si compirà il portale d’ingresso alla chiesa, uno degli elementi più belli e nitidi di questa architettura; realizzato dallo scultore Giovan Battista Muttoni in pietra di Viggiù, presenta un’enorme conchiglia sopra l’architrave dalla quale si diramano due ghirlande ricche di elementi floreali. Spicca per il suo chiarore e la decorazione tipicamente barocca in contrasto con la facciata ad andamento circolare in mattoni rimasta incompiuta. Il monastero che aveva goduto di una situazione particolarmente florida fino al secolo XVII, contava numerose suore che secondo leggenda avrebbero portato ed insegnato la lavorazione del merletto alle donne canturine. L’avvento della Repubblica Cisalpina e le conseguenti soppressioni degli Ordini minori da parte degli Austriaci trasformarono dal 1798 la chiesa canturina in una caserma provocando la perdita degli arredi e la compromissione dell’edificio nella sua complessità. Se ben poco resta delle suppellettili, possiamo invece ancora ammirare la struttura e gli spazi interi dell’edificio religioso, razionali, avvolgenti e dinamici, impostati sulla figura geometrica del cerchio che è percepita dagli artisti rinascimentali come massima espressione di perfezione per giungere al divino. Nella chiesa a pianta centrale infatti ogni elemento è proporzionato secondo regole matematiche ed è simbolo della centralità di Dio nell’universo, come la copertura a cupola ne rivela l’onnipotenza e la verità. Essa inoltre si contrappone allo schema basilicale giudicato dagli architetti rinascimentali più vicino all’architettura civile che non a quella religiosa. Queste considerazioni legate allo sviluppo delle chiese a pianta centrale in tutta l’Italia dal primo Rinascimento, si rivelano valide anche per Santa Maria, unico esempio di edificio a pianta centrale in Cantù, unita a Sant’Ambrogio. L’impostazione planimetrica della chiesa ha come figura generatrice il cerchio, sul quale si posa una pianta a croce latina, che dunque introduce due assi privilegiati, quello dell’ingresso e quello dell’altare maggiore. Di conseguenza questa sovrapposizione si evidenzia all’interno con gli spazi per le cappelle le quali si riflettono all’esterno in quattro facciate timpanate. L’intera struttura si appoggia su otto colonne binate, poco discoste dal perimetro murario e posizionate ai vertici di un ottagono irregolare. Scandita dai costoloni in pietra sul fondo chiaro dell’intonaco si sviluppa la cupola, espressione di razionalità nella purezza del volume geometrico che si conclude con un oculo nel punto più alto. La luce proveniente dai finestroni in prospettiva e dalle lunette assume un ruolo fondamentale perché non solo inonda gli interni assai elevati ma contribuisce a manifestare il plasticismo e il dinamismo di questi spazi.