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Beni Artistici San Michele

Il primo novembre 1610 Carlo Borromeo veniva canonizzato e il piccolo gregge di san Michele decideva di erigere subito una cappella, un oratorio come allora si diceva, a chi aveva dato canonicamente origine alla propria comunità. L’intenzione dei fedeli si incontrava col desiderio di Filippo Archinti, vescovo di Corno e membro della nobile famiglia che già aveva aiutato la nuova parrocchia. Così nel 1617 veniva edificato un tempietto in onore di san Carlo, il primo in tutto  il  mondo  dedicato  al nuovo  santo.

Da Milano giungevano in dono reliquie preziose di san Carlo, tra cui la porpora con cui era stato seppellito e levata durante la ricognizione del cadavere. L’oratorio sorgeva all’incrocio di via Archinto con la salita san Michele, ove ora sta un giardino del collegio delle suore sacramentine, cinto da un muraglione semicircolare prospiciente la piazza Boldorini. La costruzione rimase sino al 1886, quando i Ramazzotti, acquirenti dei beni già degli Archinto, decisero di disfarsene e diedero esecuzione al disegno. Le suppellettili andarono disperse. Un popolo costruisce la sua chiesa. Agli inizi del 1915, essendo morto don Francesco Maroni, iniziava l’opera di parroco di san Michele don Vittorio Moretti, la cui azione si identifica con quella della costruzione della nuova chiesa di san Michele. Quando don Moretti l’11 novembre del 1914 si era presentato al cardinal Ferrari per avere un indirizzo circa l’attività pastorale della parrocchia nella quale stava per entrare, si era sentito dire, col più bel sorriso del mondo, che avrebbe dovuto costruire una nuova chiesa per la parrocchia in espansione. Il 10 aprile 1915 era posto in vendita tal appezzamento di terreno che don Vittorio vide subito come adattissimo a costruirvi la nuova casa di Dio. Costava 68.000 lire, siamo prima della guerra. Il parroco infiammava i parrocchiani a fare l’acquisto, a non aver paura nell’edificare per la diffusione e la testimonianza del cristianesimo e così – il 24 novembre veniva steso l’atto notarile di compera e la parrocchia era in possesso dell’area per la chiesa nuova. Durante la guerra si riuscì a liquidare i debiti, così nel 1921 si poté incominciare a studiare il modo per iniziare i lavori. Il 6 ottobre 1921 ricorreva il cinquantesimo anniversario della traslazione del simulacro della Vergine del Rosario, da una chiesina demolita, nella vecchia chiesa di san Michele. Bisognava commemorarlo, tanto più che costituiva il segno di una tradizionale e sentita devozione della gente della parrocchia. Nel terreno che avrebbe dovuto servire per la nuova chiesa si susseguirono giochi, scene teatrali, accademie musicali: tutte cose che dovevano contribuire ad entusiasmare la popolazione. Durante le feste del mese di maggio del 1922 la gente si recava sul terreno destinato alla nuova chiesa a pregare e incominciarono ad aumentare le cataste di mattoni acquistati con l’offerta dei sanmichelini e dei nostri Arcivescovi. Il 22 luglio del 1923 il cardinal Eugenio Tosi metteva la prima pietra in una giornata di splendido sole e poi doveva rimanere a lungo a Cantù, ospite del collegio De Amicis, perché colpito da gravissimo malanno. Intanto l’architetto Oreste Benedetti progettava la chiesa nuova scegliendo l’ispirazione gotica, perché realizzatrice di uno stile ritenuto allora il più adatto per un edificio dedicato al culto e alla preghiera. Nel 1925-1927 vennero poste le fondamenta dei muri perimetrali e si costruì la parte absidale e i locali di servizio. Nel 1928 si dava inizio all’arredamento con le suppellettili in legno e poi venivano collocati i marmi. Finalmente il 29 settembre del 1932, si compiva la consacrazione del tempio ad opera del cardinal Alfredo Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano, mentre la Messa Pontificale era celebrata dal vescovo ausiliare mons. Mauri. Il primo ottobre mons. Enrico Montalbetti presiedeva il solenne trasporto della statua del Rosario, cui la comunità parrocchiale era tanto affezionata e così si avviava la vita della nuova chiesa. La parrocchia riceveva nuovo, possente impulso per tutte le sue attività. L’ampio spazio del nuovo tempio favoriva le iniziative di preghiera, di adorazione, di contemplazione e sorgevano vocazioni al sacerdozio e allo stato religioso e le associazioni fiorivano. San Michele, come le altre comunità parrocchiali, dovette guardare in faccia la situazione. Di lì, tutte le varie iniziative, tutti i tentativi, tutte le esperienze proposte.

Carlo Borromeo, nacque ad Arona il 2 Ottobre 1538 e morì in Milano il 3 Novembre 1584.

Nominato Cardinale da Papa Pio IV, nel 1560 gli venne assegnato il titolo di Cardinale diacono dei Santi Vito e Modesto, successivamente quello di San Martino ai Monti e da ultimo quello di Santa Prassede dell’ordine dei preti.

Consacrato prete in Roma il 15 Agosto 1563 venne nominato Vescovo il 7 Dicembre 1563

(nota- E’ da notare che con  il titolo di Cardinali dal V secolo si designano i diaconi e i preti della città di Roma a cui viene assegnata la cura delle chiese dell’Urbe.)

Il 23 Settembre del 1565 venne eletto alla Sede Vescovile Milanese e da questo momento inizia la sua opera di “ricostruzione” della Chiesa Milanese che da decenni era priva di una guida vescovile permanente.

Dando applicazione alle direttive del Concilio di Trento del 1545, Carlo Borromeo intraprese un’opera moralizzatrice che coinvolse dapprima il clero, con una più marcata preparazione dei sacerdoti, per poi estendersi alla popolazione.

Intraprese una lunga serie di visite pastorali per verificare lo stato di abbandono in cui versavano non solo gli edifici religiosi, ma anche le genti.

Cantù e la sua Pieve furono oggetto di visita del Santo.

Il Prevosto Carlo Annoni (“Monumenti e fatti politici e religiosi del Borgo di Canturio e sua Pieve”-1835) annota che “Il mettere mano alla disciplina ecclesiastica cotanto rilasciata non era opera da poco”.

Facendo riferimento a quanto scritto dal sacerdote milanese Giovanni Pietro Giussano nel suo libro sulla vita del Santo (1855), descrivendo la situazione esistente prima della salita al soglio vescovile di Carlo Borromeo, si citano “parrocchie con curati che non avevano mai ricevuto l’ordinazione sacerdotale, che dicevano messa senza essere preti, che non sapevano leggere e scrivere e che avevano in casa concubine!”

Ecco che le visite pastorali di Borromeo acquistano un significato che andrà ad incidere profondamente anche “… sui poveri abitatori della campagna .Perocchè costoro lontani affatto da ogni corrispondenza col Supremo loro Pastore in tanto bisogno di istruzione e di consolazioni, viddero la prima volta in s. Carlo l’ Angelo Tutelare, che veniva in persona a visitarli, ed a provvedere alle loro necessità” (parte Terza § 6) come scrive sempre l’Annoni.

Il 27 Ottobre 1574 Carlo Borromeo si ferma in Cantù ospitato in casa da Martino Alciati.

Durante la visita pastorale il Santo si soffermò sulla situazione di degrado della chiesa di San Vincenzo in Galliano che era ormai quasi del tutto abbandonata anche dai canonici.

Diede ordine di procedere con lavori di riparazione, che ebbero poco seguito, ma dovette convenire di trasferire il Capitolo e il Prevosto in Canturio definendo una nuova sede per officiare il culto.

Il Cardinale Borromeo fece ancora visita a Cantù nel 1579 accompagnato dall’architetto Pellegrino Tibaldi detto il Pellegrini. In quell’occasione si stabilì il rilievo architettonico delle chiese e degli oratori del borgo di  Canturium . Il Tibaldi progettò il rialzo della torre in fianco alla chiesa di San Paolo. In modo ardito sopraelevò la torre con una stanza più larga della base, e coronò il nuovo campanile con una copertura conica di mattoni.

Il 10 luglio 1582 il Capitolo venne ufficialmente trasferito nella chiesa di San Paolo.

Come riporta Carlo Annoni, durante l’ultima sua visita a Canturio nel 1584 Carlo Borromeo rimarca al Capitolo “ Però abbandonando i canonici quella antichissima chiesa, non debbono per nulla trascurare le debite riparazioni affinchè sia conservata quella Matrice di tutta la Pieve. Ond’è che saranno obbligati i canonici a celebrarvi i divini officii nel giorno di San Vincenzo…” ( acta visite s instrum. Trasla. V. Cap.Gallienensi ).

Carlo Borromeo morì quello stesso  anno.

Il 26 Febbraio 1601 il cardinale Federico Borromeo, Arcivescovo di Milano, acconsentì, tanto forte era la richiesta da parte della popolazione, ad istituire i processi per riconoscerne la santità.

Molte furono le personalità ecclesiastiche, politiche e popolane che sostennero la causa di canonizzazione.

Il 6 Marzo 1606 il Vescovo di Como, Filippo Archinto, ed il Vescovo di Piacenza, Claudio Rangone, ispezionarono il corpo di Carlo Borromeo come prescriveva il protocollo per la canonizzazione. Il corpo, benché l’umidità avesse intaccato gli abiti esterni, non aveva corrotto le carni e la struttura ossea . La camicia a contatto delle carni era la meglio conservata rispetto agli abiti più esterni: solo separati dal corpo le vesti emanavano odore.

Solo nel 1609 venne fatta una relazione a Papa Paolo V che ordinò l’esecuzione dei tre concistori necessari per la canonizzazione. Il primo, secretato, il 30 Agosto 1610, il secondo, pubblico, il 14 Settembre ed il 21 dello stesso mese l’ultimo concistoro.

Papa Paolo V giudicò utile per la canonizzazione il primo di Novembre, proprio a sottolineare la grande importanza dedicata al nuovo Santo. Inoltre stabilì che il giorno dedicato al Santo Carlo Borromeo fosse il 4 Novembre, cominciando proprio da quel 1610.

(Vita di san Carlo Borromeo, libro IX- capo IX e capo X, di Giovanni Pietro Giussano-1855).

Da quel giorno non vi fu paese che non volle ricordare il passaggio o la visita del Santo. Fu quasi una gara a chi per primo riuscisse a dedicare un altare, una cappella, un oratorio al Santo. L’11 Dicembre 1611 a San Mamete in Valsolda si iniziò la costruzione di una cappella dedicata al Santo: in occasione della sua visita nel 1582 il Santo appoggiò la sua stanca mano ad un sasso nel quale venne incisa una croce a ricordo. Il progetto venne assegnato a Domenico Tibaldi, fratello del ben più noto architetto Pellegrino.

Anche Cantù si prodigò perche venisse ricordato San Carlo.

Il Vescovo di Como, Filippo Archinto, Delegato Apostolico per la causa di canonizzazione, in opera della sua partecipazione all’analisi sul corpo di Carlo Borromeo, ottenne di trattenere la veste e il rocchetto che ricoprivano il corpo del Santo.

Gli Archinto, famiglia patrizia milanese nota già nel XIII secolo, avevano residenza in un palazzo nel centro del borgo di Canturio e su richiesta del Vescovo di Como edificarono nel 1617, su parte del terreno della villa, un oratorio che si affacciava su quella che oggi è piazza Boldorini. All’interno  un pregiato altare ligneo intagliato e dorato dove si  collocò una statua, pure lignea, dedicata a San Carlo Borromeo ricoperta con gli abiti donati dal Vescovo Filippo Archinto. L’Oratorio era nato come la cappella privata della famiglia Archinto, ma considerata la devozione della popolazione per il Santo, la famiglia lo rese sempre disponibile ai fedeli. Del resto, come da documenti conservati dall’Archivio Diocesano di Milano, i chierici delegati alla guida dell’Oratorio erano nominati dagli Archinto che provvedevano al loro sostentamento, L’atto ufficiale stabiliva anche il numero di Messe da celebrare annualmente.

Cantù fu il primo paese ad avere un oratorio dedicato al Santo e, come cita il curato Annoni, “… trionfale fu l’inaugurazione di tali memorabili pegni, e la dedicazione del tempietto…”.

Una lapide venne posta a ricordo della dedicazione.

La popolazione canturina seguitò per centinaia di anni a frequentare l’oratorio dedicato al Santo fino al 1883, anno in cui la famiglia Archinto cedette la proprietà al Signor Eugenio Ramazzotti di Milano.

Da questo momento l’Oratorio restò chiuso per volere della nuova proprietà, chiusura motivata da preoccupazioni riguardanti lo stato di degrado in cui versava l’Oratorio.

Ne nacque un contenzioso “sul diritto di assoluta proprietà”, sull’utilizzo pubblico dell’oratorio e sul diritto a celebrare funzioni religiose aperte alla popolazione.

Presso l’archivio storico della Parrocchia di San Michele è conservato un documento in cui il Parroco, Don Francesco Maroni, sottolinea il dispiacere per la situazione creatasi con la nuova proprietà ed elenca dei buoni motivi per sostenere come l’oratorio fosse strettamente legato alla vita spirituale dei parrocchiani, pur essendo di proprietà Archinto, sottolineando la natura pubblica dell’edificio. Scrive Don Maroni:

Il signor Ramazzotti “vuole che la Fabbriceria produca i documenti a provare anche il Diritto ……….. per la celebrazione delle messe”.

…detto Oratorio è pubblico, che fu sempre al pubblico culto apertosi da indurre per impatto tradizionale di ormai tre secoli una vera servitù. Prova sia :

…. La messa quotidiana in perpetuo.

…Il trasferimento del Beneficio di San Cristoforo… istituito il 1 Marzo 1341, passato in Patronato Archinto nel 1381, …nell’Oratorio di San Carlo il 26 Marzo 1834. Anch’esso dalla Istituzione ha messa quotidiana perpetua.

Il Beneficio di San Cristoforo detto il “Perdono di Sant’Angelo” si celebrava nella II^ di Pasqua e “permetteva ai fedeli di lucrare l’indulgenza”. Fu trasferito nell’Oratorio dopo l’abbattimento della Chiesa di San Cristoforo nel 1834. Ed inoltre

…“l’Oratorio era chiesa designata dall’Ordinario come una delle sette chiese stazionarie da visitare in Cantù per lucrare l’indulgenza, concessa con Bolla Apostolica, che si ufficiava in detto Oratorio il dì 4 novembre, caro al Santo, con Messa votiva solenne, e tutta Cantù vi accorreva devota. L’indulgenze sono tuttora in vigore rinnovate dal Pontefice Leone XIII nel 1879.”

Nell’intento di trovare un accordo tra le parti, in una lettera indirizzata al signor Ramazzotti in data 17 Ottobre 1885, la Fabbriceria chiede “fiduciosi nella religiosità del di Lei buon cuore….di avere libero accesso in questo oratorio per le consuete tradizionali Funzioni….. e di concorrere alle relative spese di riattamento dell’Oratorio, quando ne fosse il caso…”

Il 7 Agosto 1897, in una nuova lettera, la Fabbriceria di San Michele, pur sottolineando la decisione unilaterale della demolizione dell’Oratorio “ritenendo di poter disporre in modo assoluto come di cosa propria e senza vincolo qualsiasi”, riconosce alla proprietà “ il benevolo proposito…di consegnare ( alla Fabbriceria) tutto quanto apparteneva all’oratorio di San Carlo e cioè altare, balaustre in marmo, quadri, paramenti sacerdotali…. ad eccezione delle due tribune complete in legno intagliate e di lapidi con interesse storico assegnati all’istituendo Museo Municipale di Cantù come accordi sottoscritti con il Cav Alfonso Garavaglio delegato governativo per i monumenti del circondario di Como” il tutto per facilitare e diminuire i costi di edificazione del nuovo Oratorio dedicato a San Carlo.

Il 29 marzo del 1898 venne presentato al Comune di Cantù il progetto alla cui costruzione partecipa con un contributo decisivo la Signora Isabella Pogliani supportata da una sottoscrizione parrocchiale.

Per il 4 Novembre 1899 il nuovo Oratorio è completato.

Al suo interno “il grande altare in legno d’intaglio dorato del 1600, nella cui alcova verrà collocata la Statua al naturale di San Carlo, adorna della veste e del rocchetto, che sono gli abiti stessi che indossava…” voluto dal Vescovo Filippo Archinto .

Poco prima dello scoppio della Grande Guerra la Parrocchia di San Michele inizia un lungo percorso che porterà alla costruzione della nuova chiesa di San Michele, consacrata nel 1932.

 Nel “Chronicus” della Parrocchia Don Vittorio Moretti annota, nel 1931, in occasione della visita del Cardinale Schuster:

“… Primo ad essere visitato è l’Oratorio, la chiesina cioè del S. Carlo. Il Cardinale si sofferma davanti alla statua di questo Santo, ed osserva nel modo più categorico che il rocchetto attualmente indossato dal simulacro è l’autentico rocchetto che il grande Borromeo indossava cadavere nel suo sepolcro, per dieci e più anni! Invitava a tenerla in grande venerazione.”

L’architettura del nuovo oratorio non aveva certo valore artistico e l’alienazione dello stesso era possibile, come poi autorizzò la Curia Arcivescovile, ma, come raccomandò il Cardinale Schuster

“a patto che l’altare si avesse a trasportare e sistemare integralmente e decorosamente in Chiesa di San Michele ( si intende la vecchia Chiesa di San Michele) , trasformata in Chiesa di San Carlo”

Una nota a piè pagina del Cronicon specifica che

“Questo progetto,maturato con lunghe riflessioni incontra il favore di tutta la popolazione, tutta propensa a non alienare la vecchia parrocchiale”.

Scrive Don Moretti “Per la sistemazione dell’altare ( in San Michele vecchio) si è dovuto abbassare di due gradini il piano del vecchio presbiterio”. Durante questi lavori vennero ritrovate delle ossa che potevano appartenere sia agli Archinto sia ai Parroci di San Michele. Del resto il Vescovo di Como  Filippo Archinto aveva trovato sepoltura nella Chiesa di san Michele, ma sicuramente, sebbene non vi siano documenti specifici, la salma venne traslata.

L’impressione della trasformazione della chiesa vecchia per la collocazione di questo altare fu abbastanza buona: Piacque anzi  molto questo provvedimento inteso a conservare e a mettere in maggiore risalto la bella opera artistica del XVII secolo.”

Nel 1934 una  convenzione sottoscritta dalla Parrocchia di San Michele e l’Istituto delle Sacramentine cedeva in uso l’antica Parrocchiale all’Istituto per esercitarvi le funzioni religiose.

“La Parrocchia si riservava di celebrare in detta Sussidiaria” la messa del 4 Novembre, San Carlo, ed altre festività.

Sembrava proprio che l’altare avesse trovato una nuova collocazione e nel 1934 la Curia Arcivescovile autorizzò la Parrocchia di San Michele ad alienare lo stabile denominato Oratorio di San Carlo. Questa operazione venne eseguita per poter raccogliere fondi necessari alla costruzione della nuova grande chiesa di San Michele, inaugurata nel 1932.

Il 4 Novembre 1937 venne aperto l’anno delle celebrazioni per il quarto centenario della nascita di San Carlo Borromeo con una grandiosa processione che portò i fedeli canturini dalla nuova chiesa di San Michele alla vecchia dove venne celebrata una S. Messa solenne. La comunità di San Michele aveva un motivo in più per rendere omaggio al Santo  “Diffatti la Parrocchia, nel 28 Ottobre 1580, era da San Carlo eretta, staccandosi dalla chiesa prepositurale matrice di Galliano… Aperta al culto la nuova chiesa parrocchiale, quella vecchia fu dedicata a San Carlo, ed essa raccolse coll’altare della primitiva chiesa anche le SS reliquie.”

Quindi fino al 4 Novembre 1938 l’altare era conservato nella vecchia chiesa.

In data 10 dicembre 1941 un documento redatto dal Parroco traccia una proposta di alienazione della vecchia chiesa di San Michele, ma la sede arcivescovile di Milano chiede maggiori informazioni e una analisi più approfondita per una eventuale vendita.

A questo punto è il Chronicus della Parrocchia di Novedrate a ricostruire parte della storia dell’altare; Don Stanislao Zanolli, Parroco a Novedrate tra il 1940 e il 1966, dapprima traccia la storia dell’Oratorio di San Carlo e dell’altare quindi ricorda che “costruito (il nuovo oratorio ) nel 1899, l’altare vi trovò sua nuova sede, fino al 1933 quando cioè alienato anche questo Oratorio, lo stesso altare fu provvisoriamente collocato nella vecchia chiesa parrocchiale in attesa di migliore sistemazione”. Restò in San Michele vecchio fino al 1941.

 Continua don Zanolli “ Questa ( sistemazione ) fu fatta col cedere l’altare al M.R. Parroco di Novedrate, don Stanislao Zanolli, per la sua chiesa, permettendogli di fare un buon acquisto. Trasportato in Novedrate il suddetto altare venne sistemato nella nuova cappella della B.V. Maria tra la gioia di tutti i fedeli ed il generale compiacimento per l’acquisto di un altare di tanto valore storico ed intrinseco”.

L’altare, restaurato da abili artigiani, accoglie ora il simulacro della Vergine Maria nella nicchia che per più di trecento anni ha racchiuso le reliquie del Santo.

Attualmente la statua di San Carlo con le sacre reliquie costituite dagli antichi abiti è collocata in una nicchia nella cappella sinistra del transetto della nuova Chiesa Parrocchiale di San Michele.

“San Carlo Borromeo nel IV centenario della canonizzazione.

L’Oratorio di San Carlo Borromeo in Cantù, l’altare e la statua lignea “

Di Carlo Marelli

Canturium N°26 ottobre 2010

La Cappelletta chiamata “Barisella”, per la sua vicinanza a un gruppo di case dette Barisei, fa parte «ab immemorabili» dei beni della Parrocchia di S. Michele di Cantù. Si legge nel Cronicus: La Cappella viene costruita verso il 1850 per scongiurare i pericoli del crocicchio delle strade – Via Stoppani e Via per Montesolaro. Originariamente era una semplice «edicola» circondata da cancellata. In seguito la costruzione fu allungata posteriormente e sul davanti chiusa, lasciandovi la cancellata fra le due costruzioni.

É meta di preghiera. É chiesa stazionale delle litanie minori.
Quanto sopra è stato scritto dal Parroco Don Eugenio Galbiati in occasione della visita pastorale di S. Em. il Card Ildefonso Schuster dell’anno 1943, occasione che vide la sosta del porporato presso la “Barisella”. Proprio nel 1943 è introdotta l’iniziativa di recarsi processionalmente la sera di ogni domenica di maggio con la partecipazione viva e sentita di tanti parrocchiani. Negli anni 1944-45-46 si ripetono le processioni; durante il mese di maggio si trasporta il Simulacro della Madonna della Cappelletta dalla Parrocchia alla sede usuale. Si prega perché cessi la guerra.Si ringrazia quando la guerra è finita. Dopo anni di silenzio dei Cronicus, non da intendere come una discontinuità dalla devozione Mariana al santuario della Barisella, ma quale ripertersi silenzioso della stessa, riappare un programma per il mese di maggio, è il 1964 … 13 maggio Ore 5,30 – Processione penitenziale dalla Chiesa Parrocchiale – S., Messa alla Cappelletta della Madonna della Barisella. Dal 1971 ai giorni nostri, si legge sempre nel «Cronicus» presso l’archivio della Parrocchia di S. Michele, si ripete quanto ormai è tradizione, ossia: “La recita del S. Rosario ogni sera del mese di maggio con la celebrazione della S. Messa a conclusione del mese mariano. La partecipazione è sempre molto sentita a giudicare dalla grande presenza di persone, perché viva è la devozione alla Madonna”.