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Archivi Storici

Nell’ambito dell’intervento di restauro nel Palazzo della Prepositurale di San Paolo acquista un notevole rilievo la nuova collocazione dello spazio dedicato all’archivio. All’interno di esso, in alcuni armadi, è contenuto l’archivio della Pieve di San Paolo, un tempo nota come Pieve di Galliano, almeno fino alla data della decisione di trasferire la sede della collegiata dell’antica Basilica di San Vincenzo alla Basilica al centro della città. I documenti contenuti in questi armadi risalgono comunque anche al periodo anteriore al 1582.

Questa data nasce dalla decisione dell’Arcivescovo di Milano, San Carlo Borromeo, di spostare la chiesa plebana. Si devono segnalare di questo periodo alcuni faldoni relativi alla presenza a Cantù della Congregazione degli Umiliati, che oltre a gestire gli ospedali e l’assistenza, oltre ad organizzare la lavorazione della lana, svolgeva presso la prelatura di San Giorgio in Badia la funzione di ufficio di riscossione dei dazi per il Comune  e gli uffici cambiari nelle frequenti transazioni che avvenivano nel mercato della Croce di Campo Rotondo, “ Camprund”. Dall’epoca Borromaica risale la tradizione della compilazione di stati d’anime, registri di stato civile, libri per la contabilità del pagamento delle decime, o il saldo dei canoni delle messe quotidiane di non meno di sette secoli.  Il valore documentario delle carte contenute nell’Archivio della Prepositura di Cantù non è certamente inferiore alle numerose Carte del Fondo di Religione dell’Archivio di Stato di Milano e dell’Archivio Spirituale della Diocesi di Milano.  Per i numerosi documenti relativi anche alla storia dei vari edifici religiosi negli ultimi secoli della loro vita, l’Archivio della Prepositura di san Paolo è un luogo veramente unico di storia e cultura.  Tra gli obiettivi che si devono perseguire con forza vi è quello della salvaguardia di questo notevole patrimonio documentario, la cui consistenza corrisponde ad almeno tre centinaia di buste e faldoni, con la presenza di migliaia di carte e documenti che si estendono lungo un arco temporale di almeno 700 anni.   Il lavoro più delicato è però quello della inventariazione e della schedatura di tutte le carte, così da realizzare le premesse per una loro piena fruibilità da parte degli studiosi e anche dei curiosi che nei documenti conservati ricercano le loro origini famigliari.

Testo  Giancarlo Montorfano

L’archivio di San Teodoro è stato riaperto alle consultazioni nel 1916 nella sua nuova collocazione nei locali che si affacciano sulla Piazza San Teodoro. Il restauro ha permesso di recuperare i bellissimi pavimenti a graniglia decorati con motivi floreali. Questi spazi sono adibiti a sale di consultazione e segreteria Parrocchiale. L’archivio oltre a conservare tutti i documenti ecclesiastici e storici riguardante la parrocchia, le sue trasformazioni architettoniche, la documentazione sull’organo, raccoglie una serie numerosa di spartiti musicali da metà ottocento.

Il diffondersi della fede cristiana fece sì che Galliano divenne capopieve e comportò una serie di ampliamenti dell’edificio che si completarono nel 1007 con l’esecuzione dell’importante ciclo di affreschi. Galliano e l’attuale nucleo romanico sono testimoni della progressiva ed inarrestabile cristianizzazione della Brianza centrale. La basilica di San Vincenzo deve la sua forma attuale all’intervento, nel 1007, dell’allora subdiacono e custode della chiesa Ariberto, quell’Ariberto nativo della vicina Intimiano, che di lì a poco sarebbe divenuto arcivescovo della diocesi milanese e che si trova ritratto nell’abside della chiesa nell’atto di offrire a Dio il modellino dell’edificio. Il complesso monumentale mantenne la prerogativa di capopieve sino al 1582, quando questa venne spostata nella chiesa di San Paolo in Cantù. Ebbe allora inizio un lungo periodo di declino che culminò, all’inizio dell’ottocento, quando la chiesa abbandonata venne trasformata in casa colonica. Solo in anni recenti la basilica è stata rivalutata per la sua bellezza e il suo valore storico: acquistata dal Comune di Cantù venne restituita al culto nel 1934. L’importanza di Galliano è dovuta al fatto che da due millenni è sede di culto iniziando dal periodo celtico arrivando a quello romano come testimoniano i numerosi reperti presenti in luogo. L’opera dei primi evangelizzatori è testimoniata da alcune lapidi tombali del V secolo e da una pietra con inciso un Chrismon del VII secolo ancora conservata in Cantù. La basilica, dal rustico paramento in pietre irregolari, presenta lungo il fianco sinistro un singolare motivo di nicchie a losanga alternate a finestre e nell’abside un elegante partito di archi su lesene. Privo di decorazione scultorea, l’interno della basilica è abbellito da un eccezionale ciclo di affreschi da collocare, probabilmente, all’inizio del XI secolo. Gli affreschi altomedievali raggiungono il massimo splendore nelle immagini del Cristo, dei profeti e del martirio di San Vincenzo sulle pareti e la volta absidale, opera di un maestro che media in sé la cultura bizantina e quella lombardo-germanica. Anche a Galliano il rito del battesimo trovava la sua solenne cornice nel battistero di San Giovanni, segno dell’importanza del complesso nel contesto della pieve e arricchito da una lastra longobarda (ora trasferita nella chiesa di San Paolo) ad indicare l’antichità del sito. E’ un edificio romanico a pianta centrale con struttura in ciottoli, matroneo e vasca monolitica per il battesimo ad immersione.